Nella nostra Scuola hanno cominciato la loro esperienza due bambini ucraini. La loro presenza discreta ma significativa ci ricorda che ‘fuori dalla nostra Casa-Italia c’è una guerra. Per non dimenticare abbiamo ripreso questo articolo di Marta Ottaviani, Ucraina. Dai cartoni ai libri: a Mariupol va in scena la "russificazione" dei bambini, dall’AVVENIRE di venerdì 27 maggio 2022
È la guerra nella guerra, la più violenta e ingiusta di tutte: quella combattuta dalla Russia sulla pelle dei bambini. Uccisi, deportati, rapiti, indottrinati perché crescano come buoni patrioti russi. Un orrore senza fine, dove le cifre, sebbene siano solo di parte ucraina, fanno venire i brividi. Dall’inizio del conflitto, i bambini uccisi sarebbero 240, quelli feriti 436. Le regioni dove ci sono state più vittime sono quelle di Donetsk, Kiev, Kharkiv e Chernihiv. Stando ai dati delle Nazioni Unite, i due terzi dei bambini che un tempo vivevano nel Paese, adesso hanno varcato i confini nazionali.
Purtroppo, però, non tutti hanno lasciato l’Ucraina mettendosi in salvo con la loro famiglia. Anzi. Secondo Lyudmila Denisova, commissario per i Diritti Umani di Kiev, dall’inizio della guerra i minori rapiti sarebbero almeno 230mila. Di questi, 121mila sono stati deportati con la forza in Russia, strappati alle loro famiglie con le quali avevano iniziato il viaggio di allontanamento dai luoghi della loro infanzia e che non rivedranno mai più.
Per la maggior parte si tratta di bambini rimasti orfani di un genitore e che quindi per Mosca diventano eleggibili per l’adozione, nonostante Kiev denunci la violazione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del Fanciullo. Molti analisti hanno letto questa decisione crudele come il tentativo di provare a colmare il gap demografico che affligge la Russia ormai da decenni. Un’opera, disumana, di ingegneria demografica, dove i più piccoli non devono solo lasciare i luoghi dove sono nati, ma anche dimenticarsi chi erano.
Secondo il governo ucraino, il fenomeno ha avuto particolare impulso nelle ultime settimane, soprattutto dopo la caduta di Mariupol, in seguito alla quale centinaia di piccoli sono stati mandati a centinaia di miglia di chilometri di distanza dalle città di nascita. È il caso dei 90 bambini che, secondo Peter Andryushchenko, advisor proprio del sindaco di Mariupol, sono stati inviati a Vladivostok, nell’estremo oriente russo, vicino al Nord Corea e la Cina. Un orrore che non si ferma davanti a nulla, nemmeno davanti alla salute dei più sfortunati. Sempre da parte ucraina, infatti, è arrivata la denuncia che, se i russi sono ben disposti a sequestrare bambini sani, si disinteressano dei disabili, che vengono abbandonati al loro destino, legati ai letti di strutture fatiscenti, dove nessuno può più prendersi cura di loro.
Ci sono poi i piccoli che sono ancora nei territori occupati dai russi, ma che non possono più nemmeno pensare a quel suolo come ucraino. Su di loro è in atto un’opera di «russificazione» tesa a fare dimenticare le loro radici sotto tutti i punti di vista: storico, linguistico e culturale. Sempre secondo Andryushchenko, ormai in quel che resta della città di Mariupol sono stati installati 10 maxischermi per trasmettere 24 ore su 24 le grandi emittenti della propaganda russa.
Particolare impulso è stato dato all’educazione scolastica. Per questo, quest’anno, dopo un inverno e una primavera di orrore, i piccoli non potranno nemmeno contare su un’estate di svago, seppure relativo, vista la situazione contingente. Le forze di occupazione russa, infatti, hanno stabilito che l’anno scolastico sarà esteso fino al primo settembre. Una decisione presa non tanto per recuperare il tempo portato via dalla guerra, ma per avviare un percorso di de-ucrainizzazione.
Per questo, decine di bambini passeranno la stagione delle vacanze costretti a studiare storia, lingua e letteratura russa. Anche perché, anche volendo, non troveranno alternative. Le biblioteche dei territori occupati sono state private dei libri considerati “non allineati”. Nemmeno nei momenti di svago i più piccoli trovano un momento, se non di pace, almeno di connessione con la loro vita prima della guerra. I cartoni animati trasmessi sono quelli delle emittenti più allineate alle posizioni del Cremlino e anche i giocattoli, distribuiti dai soldati russi portano addosso tutti i simboli e i messaggi della propaganda, uno in testa: “l’Ucraina non esiste”.