Sacrificio e fatica: parole fuori moda. Nella cultura attuale i termini “sacrificio” e “fatica” sembrano evocare qualcosa di negativo, fuori moda, sgradevole, possibilmente da evitare. La società del benessere, del consumismo, ci ha abituati ad avere tutto e subito. L’accesso ai prodotti che soddisfano i nostri bisogni può avvenire in modo semplice e immediato. L’e-commerce ha ancor più esasperato questa tendenza: basta un click e il prodotto arriva rapidamente alla porta di casa.
Sembrano ormai lontani i tempi dei nostri padri o nonni in cui la fatica era connaturata alla vita. Era una componente sempre e naturalmente presente. Oggi viviamo in una società comoda.
La fatica di far fare fatica. Ciò si riflette inevitabilmente sul rapporto educativo. Una volta era naturale esporre bambini e ragazzi alla fatica, perché la vita in sé era faticosa e priva delle comodità attuali. Oggi esporli alla fatica diventa una scelta per l’educatore, non più un fatto naturale ed automatico. Quanto è impegnativo per un genitore scegliere di far fare fatica al figlio! Anche perché il mondo circostante, con il quale il figlio si confronta quotidianamente, va in un’altra direzione. A volte i genitori e più in generale gli educatori proteggono i ragazzi dalla fatica e si sostituiscono ad essi per evitargliela (a quanti genitori è capitato di sostituirsi al figlio nell’eseguire un compito scolastico che lo metteva in difficoltà?).
Il rischio della noia. Avere tutto, subito, facilmente, senza sacrificio, senza fatica comporta il rischio della noia. La vita diventa piatta: una sequenza di gratificazioni che si finisce per non apprezzare più. Esaurito rapidamente il piacere di un prodotto, si ha bisogno di essere stimolati dal possesso di un altro prodotto, finché nessuno stimolo è più capace di innescare una reazione di sorpresa e piacere. Le cronache sono piene di episodi di adolescenti che compiono atti vandalici o violenze su persone, solo per vincere la noia.
Negare l’esperienza della fatica e del sacrificio significa negare il piacere della conquista, che dà sapore alla vita.
Educare al valore. Guardandoci bene dal rischio, all’opposto, di idolatrare il sacrificio e la fatica, è lecito chiedersi quale senso educativo essi possano avere.
Essere disposti a fare fatica per ottenere un risultato significa scegliere di dare valore a quel risultato: considerarlo tanto importante da meritare un nostro impegno/sacrificio per conseguirlo. Ma significa anche scegliere le cose che valgono: scegliere quali obiettivi per noi hanno tanto valore da meritare e giustificare la nostra fatica. In sintesi, significa educare al valore delle cose.
Un percorso che richiede tempo, pazienza e fiducia. Sacrificarsi per conseguire un risultato implica una progettualità che fa i conti con il tempo. Non siamo più nell’ottica del “tutto e subito”, ma in quella del “qualcosa e con pazienza”. Si deve fissare un obiettivo per raggiungere il quale è necessario un percorso che richiede tempo e costanza d’impegno. Un percorso che può arricchirci già di per sé. Arrivare in vetta dà un grande piacere, ma anche il cammino lungo il sentiero per arrivarci può essere gustato e dare soddisfazione.
L’obiettivo del progetto va scelto anche in base al percorso necessario per ottenerlo, perché non tutti sono in grado di compiere gli stessi percorsi. La scelta e l’attuazione del percorso stimolano e sviluppano quindi la conoscenza di sé, tramite la sperimentazione e la messa alla prova delle proprie capacità e caratteristiche.
La costanza e la determinazione nel portare a termine il percorso richiedono e sviluppano nello stesso tempo la fiducia: quella che l’educatore ripone nel bambino/ragazzo, che ha bisogno di sentirsi sostenuto (“ce la puoi fare!”), e quella che il bambino/ragazzo sviluppa nelle proprie capacità, quando verifica che è in grado di raggiungere l’obiettivo.