Nel primo libro della Bibbia, quello della Genesi, la creazione del mondo inizia con il dare il nome alle cose. Il rispetto per il mondo comincia dal rispetto per le parole che, nominando, lo creano. Spesso noi maestre sentiamo i bambini utilizzare parole onomatopeiche per chiamare gli animali (bau per il cane, miao per il gatto…) o vezzeggiativi per il cibo (ciccio o ciccia per la carne…).
Ma perché questa pratica apparentemente innocua, talvolta con risvolti simpatici non è pedagogicamente corretta? L.S. Vygotskij sostiene che grazie al linguaggio si sviluppa l’interazione con l’altro, il bambino conosce, nomina e quindi arriva a pensare. Il linguaggio precede il pensiero e ne favorisce l’evoluzione. I bambini con un codice linguistico allargato, sono in grado di compiere processi mentali di astrazione, generalizzazione, ipotesi, sono capaci di fare progetti; proprio per questo occorre potenziare questo processo di nominare le cose con il proprio nome.
Il linguaggio si sviluppa e si arricchisce non solo attraverso l’interazione con il gruppo dei pari o con l’adulto, ma anche attraverso l’approccio alla lingua scritta.
Una buona pratica, piacevole sia per l’adulto che per il bambino, che si può mettere in atto è quella di dedicare un momento alla lettura di un libro. La lingua scritta è costruita, pensata, non immediata e ha una struttura ben precisa. È proprio questa scelta accurata delle parole che può trasformare il libro in un mezzo efficace di arricchimento lessicale per il bambino.
Un buon libro per bambini deve essere ricco di parole. Il bambino, ascoltando una storia, entra in contatto con termini nuovi; rendendolo capace di pensare e approfondire le sue conoscenze. Un termine nuovo fornisce un concetto nuovo. Poiché ogni concetto è legato ad altri, imparando un nuovo termine il bambino diventa capace di creare nuovi collegamenti e nuovi apprendimenti.
È per questo motivo che nella scuola dell’Infanzia per ogni argomento trattato, cerchiamo di stimolare i nostri bambini fornendogli il linguaggio non solo specifico ma anche tecnico!
All’apparenza potrebbe sembrare troppo complesso ma in realtà altro non fa che aiutare il bambino ad arricchire il suo lessico, a dare un nome alle cose, alle persone, alle emozioni, ai sentimenti.
Denominare le cose fa sì che il bambino assegni loro caratteristiche e qualità. Accrescere la conoscenza consente al bambino di “passare dal suo livello di sviluppo attuale al suo livello di sviluppo potenziale” (Vygotskij), di parlare, di riflettere, di comunicare, di interrogarsi e di sviluppare interessi e curiosità che può approfondire. Conoscere permette al bambino di gestire, controllare, utilizzare i concetti per costruire nuovi concetti.
Quindi, cari genitori: Dare un nome [proprio] alle cose per poterle pensare. / Pensare alle cose per conoscerle. / Conoscerle per possederle. Ed è altrettanto bello sapere che Dio, chiama ciascuno di noi, con il nostro nome proprio: “Non temere, perché ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu mi appartieni.” (Isaia 43:1)