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373. FORMAZIONE. “Crescere buoni cittadini“. L’ultimo incontro di un percorso di educazione alla cittadinanza

373. FORMAZIONE. “Crescere buoni cittadini“. L’ultimo incontro di un percorso di educazione alla cittadinanza

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Il ciclo di incontri previsti dal progetto “CRESCERE BUONI CITTADINI. NESSUNO SI EDUCA DA SOLO” voluti dall’Amministrazione comunale di Orzinuovi in collaborazione con le scuole Sacra Famiglia e del territorio si è concluso venerdì 22 marzo, presso la scuola Sacra Famiglia, con la riflessione del prof. Mauro Di Lorenzo.

Titolo dell’incontro: “Pieni di rabbia e di disperazione. Aggressività e violenza in gruppo”. Il tema è sicuramente di attualità vista la percezione di grande allarmismo che suscitano gli episodi di violenza che vedono spesso coinvolti gli adolescenti. Il relatore della serata, anche lui psicologo e psicoterapeuta della Fondazione Minotauro oltre che docente universitario, ha spiegato che non è vero che oggi sono aumentati i reati minorili ma che pur essendo diminuiti, questi creano sicuramente più preoccupazione proprio perché caratterizzati da azioni violente di gruppo. Diventati adolescenti molto in fretta con una pubertà fortemente in anticipo (alla metà del 1800 il periodo della pubertà si manifestava intorno ai 16 anni; oggi si diventa adolescenti già a 11- 12 anni) spesso questi adolescenti si sentono grandi e convinti di poter fare ciò che vogliono pur non avendo ancora maturato le capacità mentali di gestione delle proprie scelte. Sono fisicamente grandi ma ancora del tutto impreparati ad esercitare le loro scelte di libertà. Cresciuti in un contesto familiare e sociale di forte impronta edonistica nel quale hanno maturato la convinzione di poter essere felici, ora si rendono conto che non sanno finalizzare la loro acquisita libertà, non riescono a diventare quello che vorrebbero essere, non sono sufficientemente attrezzati per affrontare la fatica e il dolore delle scelte autonome così come non sanno spesso esercitare il controllo dei propri impulsi. Abituati sin da piccoli ad evitare la tristezza e la possibilità di misurarsi con la gestione delle emozioni negative, hanno acquisito una libertà che però non sanno utilizzare e la loro libertà, senza responsabilità, si trasforma in angoscia. Per questo si arrabbiano, si annoiano, sono continuamente alla ricerca delle situazioni in cui possono sentirsi “forti” e più grandi di quel che realmente sono. Iper-protetti dall’attenzione adulta che li ha tutelati da possibili situazioni di rischio, spesso si proiettano in azioni pericolose e sfidanti nel tentativo di mettere alla prova le proprie abilità e la loro capacità di autonomia e di controllo. Facilmente si proiettano sui rischi digitali inserendosi in gruppi di persone che neppure conoscono e accettando di compiere azioni anche contro sé stessi pur di riuscire ad acquisire popolarità. Secondo il prof Di Lorenzo infatti, le azioni di rischio non sono tanto proiettate sul bisogno di crescere e di mostrare le proprie abilità quanto sulla necessità esasperata di farsi “vedere” e di ottenere popolarità sia tra i coetanei (che magari non riescono ad agganciare in altro modo) sia per richiamare l’attenzione degli adulti.

Ci domandiamo: «Si sentono quindi soli, non visti dagli adulti di riferimento, così disperati tanto da aver bisogno di mettersi in gruppi (o gang) dove nemmeno si conoscono e fare gesti eclatanti per attirare la nostra attenzione?»

In questo modo vengono poi a costituirsi quelle che gli adolescenti percepiscono come “le nuove normalità”; sostenute anche dai romanzi di trasgressione che spopolano sui nostri video, le nuove normalità (che normali non sono per nulla) esplorano il consumo di sostanze, spesso proiettano l’aggressività anche nell’ambiente domestico, praticano la microcriminalità, si organizzano in bande per sentirsi più forti ma anche più protetti.  Va detto che tutte queste situazioni mettono fortemente in crisi famigliari e insegnanti, spesso anche loro arrabbiati, spesso disperati, sicuramente con la percezione di impotenza e di grande difficoltà nel rapporto con i figli/ studenti.

Anche qui un’altra domanda: «Ma sono degli adolescenti Narciso così arrabbiati per non essere loro al centro del mondo o sono adolescenti arrabbiati perché, nel nostro mondo, non intravedono un futuro accettabile?»

Sicuramente non abbiamo le risposte anche se farsi le domande significa riflettere sul nostro ruolo di adulti competenti che di loro devono prendersi cura. Sfatando il pregiudizio secondo cui gli adulti risultano essere impotenti di fronte ai comportamenti disfunzionali degli adolescenti, è proprio agli adulti competenti (genitori, educatori, operatori scolastici e sociali) che il professor Di Lorenzo fa aperto appello individuando gli atteggiamenti da assumere per aiutare gli adolescenti in crisi di crescita.

Sicuramente l’'attuale indebolimento del ruolo genitoriale non aiuta anche perché radicato in una trasformazione culturale e sociale ampia e difficile da recuperare. Sicuramente però ciò che oggi non funziona più per regolare i comportamenti trasgressivi e aggressivi dei ragazzi, sono i rimproveri o quelle che noi adulti riconosciamo come le “giuste punizioni”; l’esperto sostiene che le punizioni esemplari potevano funzionare una volta quando era riconosciuta l’autorevolezza dell’adulto ma oggi non fanno che peggiorare la situazione.  Oggi, reagendo al comportamento problematico con le stesse modalità (“mi hai fatto paura? Ti faccio paura”) il nostro intervento educativo non lascia traccia, non li coinvolge neppure emotivamente, sviluppa risentimenti anche più profondi; più efficace e sicuramente più funzionale, come sostiene del resto anche il prof Pellai, è il fatto di insegnare ai ragazzi a comprendere il senso di ciò che è accaduto aiutandoli a elaborare l’episodio per comprenderne le motivazioni. È necessario smettere di guardare e descrivere gli adolescenti per le loro mancanze. Anche il prof. Pellai boccia le restrizioni che spesso promuovono risposte rancorose, e propone le "punizioni aggiuntive" cioè quelle attività che aiutano il ragazzo a riscattarsi ma anche a capire, che aumentano l’impegno e il senso di responsabilità in modo che l’adolescente impari a vivere, a casa ma anche a scuola, in “un luogo in cui ci si allena alla vita e non alla guerra” (Pellai, 2024).

È importate rimanere adulti competenti perché altrimenti l’adolescente finirà per rivolgersi ad altri per esprimere il proprio bisogno, per dominare la sua “fantasia di crescita” che, secondo il prof. Di Lorenzo, è quella che muove e motiva ogni comportamento trasgressivo.

«E cosa possono fare allora gli adulti competenti che intendono continuare ad agire il loro ruolo educativo?»

Come suggerisce sempre l’esperto, per capire gli adolescenti non bastano i nostri abituali livelli di pensiero; risulta più produttivo provare a fare pensieri nuovi che vanno nella direzione del riconoscere l’adolescente, di vederlo così com’è, di cercare di osservarlo (con gli occhi dell’anima naturalmente) anche se appositamente ci provoca per testare la nostra reazione. Nel recupero di una relazione produttiva funziona molto di più un adulto che si sforza di star vicino al proprio figlio/studente accompagnandolo ad affrontare con lui o con lei il problema che lo angoscia anche se, alla fine, non si arriva ad alcuna soluzione. Infatti ciò che conta non è tanto il risultato ma il fatto che i ragazzi e le ragazze percepiscano la nostra vicinanza al loro disorientamento, la nostra curiosità per quello che stanno cercando, capiscano che noi siamo lì interessati alla loro vita e che, per aiutarli, siamo disposti a metterci in gioco, a “fare fatica per loro e insieme a loro” che stanno cercando, spesso disperatamente, di esplorare la propria identità.

Il Prof Pietropolli Charmet, in un suo libro ormai famoso, definisce gli adolescenti di oggi come “spavaldi” ma “fragili”. E chi se non gli adulti competenti e consapevoli li possono aiutare a diventare grandi e responsabili?

Client

Luciana Ferraboschi, Dirigente scolastica

Date

20 Aprile 2024

Tags

Educare

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