Newsletter della scuola e dell'educazione

0032. ABC dell’EDUCARE / 2 Prossimità

0032. ABC dell’EDUCARE / 2 Prossimità

previous, Back, prev, Backward, Blue, Dynamic, Left, Arrow icon

 

 

 

Ci siamo chiesti quali dei due termini, vicinanza oppure prossimità, fosse più adatto ad esprimere un atteggiamento che ha caratterizzato l’azione educatrice di S. Paola Elisabetta Cerioli. Alla fine, pur sapendo che si tratta in certa misura di due sinonimi, abbiamo optato per il secondo.

Relazione coinvolgente. Vicinanza può infatti assumere un significato anche semplicemente fisico: due persone sono vicine, se la loro distanza è minima; ma ciò può non implicare una relazione, un coinvolgimento personale, un interesse per l’altra persona. Si può essere vicini e nello stesso tempo estranei. Prossimità invece, contenendo in sé la parola “prossimo”, rimanda al farsi prossimo, alla carità e quindi all’amore, ad una relazione che coinvolge e non lascia indifferenti. Prossimità è una dimensione relazionale e non semplicemente fisica.

“I care” di don Lorenzo Milani. Prossimità implica empatia, cioè capacità di immedesimarsi nell’altro, nei suoi stati d’animo. Essa evoca altresì un’espressione tanto cara a don Lorenzo Milani, che la poneva al centro della propria pedagogia: “I care”. Espressione pregnante inglese che significa “mi sta a cuore”, “mi prendo cura”, “mi interessa”, ed è l’esatto contrario del motto “me ne frego”, cioè sono indifferente, disinteressato, mi giro dall’altra parte. Quando un educatore (genitore, insegnante, educatore) manifesta questo atteggiamento di cura/interesse verso un ragazzo è come se dicesse: “per te ci sono e puoi contare su di me”. Il ragazzo si sente realmente visto, sente su di sé la fiducia, ha la sensazione di valere e viene stimolato a dare il meglio di sé.

Rispetto e delicatezza. La prossimità si esprime non solo verso la persona, ma anche verso il suo contesto. Essere prossimi ad un ragazzo significa porre attenzione all’ambiente (familiare e non) da cui proviene, alla sua storia, al suo mondo. In sostanza interessarsi al suo contesto per interessarsi autenticamente a lui. La prossimità è infatti rispettosa e “delicata”; non si impone o soffoca; garantisce l’autonomia; non viene calata dall’alto; si mette in ascolto dei messaggi dell’altro. Essa viene calibrata e personalizzata in base alle caratteristiche e ai bisogni del ragazzo, ma anche in funzione del ruolo reciproco: genitore/figlio, insegnante/allievo, ecc.

L’educatore “è nudo”. Il coinvolgimento attivato dalla prossimità porta idealmente a percorrere un tratto di strada in comune, ad una progettualità condivisa per conseguire obiettivi concordati (esplicitamente o implicitamente). Comporta nello stesso tempo una grande responsabilità per l’educatore, nel senso che in questo coinvolgimento profondo egli “mostra sé stesso”, come è veramente: è difficile mascherarsi all’interno di una relazione di prossimità, perché ci si mette in gioco come persona, con le proprie emozioni, i propri pregi e difetti, con trasparenza. E il ragazzo si nutre di questo esempio.

Dentro la prossimità. Dove sei? Vieni qua! Guarda!... Quante volte al giorno sento i bambini, radice della società, che pronunciano il mio nome o suoni, mi prendono per mano, mi guardano cercando nei miei occhi, nei miei gesti, nelle mie parole di dar valore e significato a ciò che sono, sentono e ciò che fanno... Non è solo prendere in braccio, essere vicini, dar da mangiare e fare un lavoro... È esserci quotidianamente con la testa e con il cuore, è curare quelle radici perché ciò che crescerà sarà rigoglioso. Ecco che uno sguardo, una carezza, un abbraccio, una parola, un sorriso con gli occhi (si può fare anche con la mascherina!) parlano: “Ti vedo! Penso di sapere quello che stai provando! Sono qui! Sei importante per me! Posso aiutarti?”(Monica Manenti)

Essere prossimo dei genitori e dei bambini. Come posso andare al lavoro serena/o, sapendo che al nido starà bene? Lo tratteranno bene? Sapranno coccolarlo se piange?… Tante le domande nella testa e nel cuore dei genitori al primo ingresso del nido. La prossimità, vissuta attraverso l’accoglienza, l’ascolto empatico e l’osservazione, è il modo in cui l’educatrice inizia ad entrare in contatto con le nuove famiglie, a prendersi cura di queste nuove persone con la loro storia, le loro domande e le loro risorse (Aiutami a conoscere te e il tuo bambino e io farò lo stesso con questa nuova realtà! Costruiamo fiducia per vivere insieme un’esperienza nutriente e rigogliosa!).

Essere “prossimo” dei bambini e delle loro famiglie richiede: cura, energia, sapienza, rispetto, continuità, delicatezza, osservazione ed empatia. Non è solo un elemento del lavoro e della professionalità dell’educatore, ma è dono quotidiano all’interno di una grande missione: crescere il futuro!  (Monica Manenti)

Client

Alessandra Baldi, Maira Di Martino. Mario Ravasio e Roberta Sala - psicologi

Date

05 Febbraio 2022

Tags

Educare

Area riservata

Newsletter

Inserisci il tuo nome e la tua email per tenerti aggiornato sulle attività della scuola

Search