Ci affascina la storia di Paola Elisabetta perché ci parla di Gesù e dell’incandescenza del suo vangelo; perché – attraverso la Comunità o la Famiglia – ci fa riunire nella Chiesa, corpo di Gesù che continua a vivere nella storia; perché ci spinge all’incontro con l’altro, i poveri, gli orfani di oggi, sacramento concreto della presenza di Dio. Soprattutto ci affascina il suo incontro - profondo e fisico - con Gesù dopo la ferita per la perdita dei figli e, in particolare, dell’amato Carlo, esperienza attraverso la quale, condividendo la nostra umanità, è riuscita a risalire da quell’abisso tenebroso di abbandono, per motivare nuovamente il suo essere madre, figlia e sposa!
Qui vogliamo raccontarvi la sua storia in prima persona. Ci muove la convinzione che i santi sono coloro che si sono appropriati della bellezza della fede e della buona qualità della vita. È questa la bella notizia che ogni giorno vorremmo di nuovo ascoltare e comunicare alle giovani generazioni che ci sono affidate.
INCIPIT - Dal grembo di madre
Quando ripenso alla mia vita, la vedo segnata da due, anzi tre nascite. Sono nata due volte, anzi tre. Di solito si crede che uno nasca una volta sola, quando ‘esce’ dal grembo della madre. Di fatto tutti viviamo un’altra nascita, una seconda nascita, a seguito di una crisi profonda o di un evento meraviglioso, dove la vita (Dio?) ti sollecita a decidere nuovamente di te, di che cosa fare della manciata di giorni a tua disposizione, e di quale orientamento tesserla. Ho vissuto due nascite, anzi tre.
Dentro il paese
Come te, sono nata da un papà e da una mamma, da un paese e… da Dio. Soncino è il mio paese. Da questo piccolissimo puntino sulla faccia della terra ho imparato a guardare il mondo, a gustare la vita e… a cercare Dio. Ho imparato anche a guardare dentro di me, a fare il bene e prendere le distanze dal male, a vedere le ingiustizie tra ricchi e poveri. Da qualsiasi parte arrivi - da Brescia o da Cremona, da Bergamo o da Milano - Soncino, situato nella pianura cremonese, ti si presenta sempre nello stesso modo: stabili mura abbracciano la cittadina. Al viaggiatore di passaggio esse danno un senso di sicurezza e nei suoi abitanti alimentano sentimenti di protezione e di forza. Se così appaiono oggi a qualsiasi viaggiatore, puoi immaginare quanto siano state provvidenziali in tempo di guerre tra la Repubblica di Venezia e lo Stato di Milano. Se poi provi a immaginare l’acqua che riempiva i fossati tutt’intorno, l’incanto di Soncino ti appare ancora più grande. Dentro queste mura si stabilì tanto tempo fa la nobile famiglia dei Cerioli, i miei antenati, proveniente probabilmente dal Piemonte. Così come ciascuno nasce, cresce e muore in una famiglia, come luogo di affetti, e in un paese che gli insegna l’«abc» della vita, anche la mia storia ha avuto come ‘teatro’ questa famiglia dei Cerioli, questo paese di Soncino, questa chiesa vicina alla gente. Il mio Palazzo s’affaccia per un lato sulla chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta: aprendo le finestre appaiono, ogni giorno, come per incanto, la magnificenza della Rocca sforzesca, teatro di guerre lontane; il borgo antico, le torri, le filande; le chiese di S. Giacomo e di S. Maria delle Grazie che con i loro campanili segnano l’orizzonte. Tutt’intorno la bellissima campagna è percorsa da una trama di strade, di ‘seriole’, di pozzi, di piccole e grandi cascine, di borghi, di palazzi e ville erette ovunque dalla nobiltà e dalla borghesia cittadina. Quando aprivo le finestre, con la luce del sole m’arrivavano fin dentro al cuore, come un’ondata piena di vita, le voci della gente, i profumi delle stagioni e delle case, la storia antica; ma anche le urla e la miseria degli orfani, l’ingiustizia. Respiravo vita piena, ma dentro vi scoprivo le lacrime degli orfani! Ogni giorno questo sguardo: io, dentro ad un mondo e un destino promettente. Ogni giorno sapevo che in ogni casa abitavano persone, una famiglia, il ‘mondo’; che nella chiesa abitava Dio che su ciascuno vegliava; che sulle strade circolavano sole e vento, la casa dei poveri e dei bambini orfani. Questo ‘mondo’ - raccolto dentro le mura come in un abbraccio - protegge e custodisce ancora oggi tutta la gente del paese. Questo è lo scenario nel quale vissi e di cui ti vorrei raccontare la storia.