Il nuovo libro di Matteo Lancini, Sii te stesso a modo mio
La prossima settimana (giovedì 14 dicembre) avremo il piacere di ospitare, in una delle due scuole della Sacra Famiglia e precisamente a Orzinuovi, lo psicologo e psicoterapeuta Matteo Lancini che è oggi uno degli esperti più riconosciuti capace di parlarci degli adolescenti in crisi e in sofferenza nell’era del dominio del digitale. Il professor Lancini, che è anche docente sia all’Università Bicocca che alla Cattolica di Milano, è presidente della Fondazione “Il Minotauro“ che da circa 40 anni si occupa di disagio giovanile offrendo supporto a situazioni di fragilità e ha anche pubblicato, al riguardo, numerosi lavori. Nell’ultimo suo libro dal titolo significativo di SII TE STESSO A MODO MIO. ESSERE ADOLESCENTI NELL’EPOCA DELLA FRAGILITÀ ADULTA (2023, Raffaello Cortina Editore) mette a fuoco un tema oggi attualissimo collocando la fragilità più sugli adulti che sugli adolescenti i quali sono spesso così disorientati e angosciati proprio come conseguenza delle scelte effettuate per loro da chi ne ha la responsabilità.
Oggi tutte le attenzioni degli adulti si concentrano sulle limitazioni o sui divieti dell’uso che i giovani fanno degli smartphone, dei videogiochi e dei social credendo così di poter affrontare e tenere sotto controllo la situazione; ma limitandosi noi adulti a vietare o a punire l’uso degli strumenti digitali non si fa nient’altro, secondo Lancini, che placare le nostre ansie senza in realtà affrontare i bisogni dei ragazzi, senza aiutarli a muoversi in un mondo tutto informatizzato in cui noi stessi li abbiamo costretti a essere ”onlife”.
Sin da quando sono piccoli infatti li esponiamo all’uso degli schermi digitali più per un bisogno nostro (di tenerli occupati intanto che noi facciamo altro..., di tenerli buoni intanto che siamo al ristorante, di farli star fermi in automobile... ) che per loro esigenze specifiche che li vedrebbero sicuramente più soddisfatti se lasciati liberi di sprigionare la loro energia corporea tipica della loro età.
In una famiglia che viene definita “narcisistica”, tutta proiettata sulle relazioni affettive tese a garantire anzitutto la felicità dei propri figli, si fa fatica a far rispettare le regole che una volta nessuno osava mettere in discussione e che invece oggi vanno continuamente spiegate e giustificate tenendo conto anche di non esasperare le relazioni con i figli. Il conflitto, le discussioni accese, i divieti e le conseguenti diatribe tra genitori e figli non sono più percepiti come strumenti di educazione che richiedono al figlio di “obbedire” all’autorevolezza della parola del genitore ma si traducono spesso in dialoghi estenuanti che vengono subito messi a tacere in quanto logorano il clima famigliare.
Così i figli, sin da piccoli iperstimolati e saturati nei desideri e nelle proposte di una pluralità di esperienze (piscina, cavallo, strumento, karate, inglese, danza, scacchi, catechismo e persino pigiama party), non più abituati a misurarsi con la frustrazione e il senso di colpa, tra le richieste spesso dicotomiche di genitori, insegnanti, allenatori, influencer,... assumono comportamenti precoci e adultizzati e faticano a mettere a fuoco la propria identità: chi sono? che cosa voglio? come mi vedo?
Nella società che ha rimosso il dolore e il fallimento, gli adolescenti faticano a comprendere chi sono e cadono quindi nella situazione di ansia generalizzata per la difficoltà di individuare una prospettiva credibile. Per questo, secondo Lancini, non possiamo colpevolizzare gli adolescenti che spesso, non essendo riconosciuti dagli adulti, si identificano in modelli sbagliati ed estremi: «Gli adolescenti vengono accusati di essere diventati irresponsabili, di curarsi solo del superfluo, di passare troppo tempo su Internet- nonostante siano stati i genitori ad averli avvicinati fin da piccoli alla rete e ad averli dotati di tutti i dispositivi per restare in contatto... si cerca di raddrizzarli a suon di limiti, paletti, punizioni, senza rendersi conto che gli adolescenti sono cresciuti adattandosi esattamente alle richieste e ai modelli narcisistici della società in cui sono nati» .(M. Lancini, 2023)
Così capita che molti dei messaggi che i genitori hanno proiettato sui loro figli spronandoli a essere brillanti, popolari, quasi perfetti si scontrino poi con la consapevolezza dei ragazzi i quali, da adolescenti disorientati, si confrontano e si rispecchiano nei forti modelli proposti dal mondo dei social e della rete scoprendo di non essere affatto in grado di identificarsi con le aspettative dei loro genitori. E vanno in crisi perché scoprono dentro di sé il vuoto identitario e tentano di riconoscersi, accedendo a social sempre più accattivanti, nei tiktoker, negli influencer, nei calciatori più in voga (anche se ludopatici), nei personaggi trasgressivi del mondo virtuale e dello spettacolo. Le situazioni di estraneità nelle quali si trovano ad agire, associate al senso di disorientamento e alla sofferenza per non riuscire a trovare se stessi fanno fatica a tradursi in parole e finiscono spesso per sfociare in comportamenti a rischio.
Come intervenire allora per aiutare gli adolescenti a muoversi verso la realizzazione di sé?
Intanto è sempre importante fissarsi sul significato del comportamento più che sulla ricerca della causa, mettendosi in ascolto del ragazzo e cercando di capire chi è davvero questo figlio di cui spesso non conosciamo i pensieri più intimi e, come dice l’autore «raggiungere l’adolescente là dov’è» per aiutarlo ad esprimere i suoi pensieri e identificarsi con le sue emozioni. Come già detto, dare la colpa al cellulare, ai videogiochi, a Internet, alle cattive amicizie non è che un modo per bypassare il problema ed evitare di pensare “lui” che sta esprimendo, anche se in modo sbagliato, il suo disagio.
E la scuola?
La scuola, definita come «il miglior ambiente possibile di crescita», nelle pratiche e nelle persone può fare molto per “guardare” l’alunno e sostenerlo nel “guardarsi dentro”, per dare voce alle sue inespresse richieste di aiuto, per segnare la differenza tra mondo reale e mondo virtuale, per aiutarlo a fare i conti con il fallimento e la delusione. Lancini invita i docenti a recuperare l’investimento e la motivazione degli alunni rendendo la scuola un’esperienza rigorosa, come deve essere, ma significativa e attenta al benessere degli studenti. Come già molti altri esperti, chiede anche di abbandonare la scarsa oggettività della valutazione scolastica centrata sulla scala decimale per parlare agli studenti con le parole e non con i numeri, per discutere con loro giudizi personalizzati che evidenzino i loro punti di forza e di debolezza facendoli sentire protagonisti della loro crescita.
Ma ciò contro cui il libro punta decisamente il dito è la fragilità di tutto il mondo adulto, fragilità contrassegnata dalla lacerazione delle relazioni, dalla perdita di molti valori sociali di riferimento, dall’accelerazione esagerata del fare e del consumare, dalla esasperata difficoltà degli adulti fragili ad accettare la fragilità dei figli. “Devi essere te stesso ma a modo mio“ dicono i diversi adulti che agiscono sull’adolescente, ognuno trasferendo sul ragazzo le proprie proiezioni che, spesso, con il ragazzo hanno poco a che fare. Per questo il testo conclude con la necessità di avviare percorsi di alfabetizzazione emotiva per gli adulti capaci di far riemergere l’autorevolezza del ruolo genitoriale e di comprendere che è fondamentale “esserci per loro”, facendo sentire agli adolescenti che noi tutti, genitori, insegnanti, allenatori...ci siamo, «che siamo pronti ad ascoltare cosa hanno da dirci, non solo a parole ma con l’atteggiamento di chi è fortemente impegnato a rinunciare a qualcosa di sé, di chi è strenuamente impegnato a togliere qualcosa a se stesso per aggiungerlo a loro, per raggiungere il figlio o la figlia nel luogo affettivo e mentale dove vive. Al figlio e allo studente deve essere fatta un’offerta, non una richiesta» (Lancini, 2023).
E noi adulti abbiamo sufficienti forza e fiducia per declinare la nostra offerta?