Concludendo lo scorso articolo, cari lettori, anticipavo l’approssimarsi della fine della breve vita della Cerioli; ebbene, eccoci: nelle righe che state leggendo proverò a raccontarvi gli ultimi giorni di vita di questa donna forte e coraggiosa che, fin da subito, fu considerata da molti (a ragion veduta) una santa.
Nel corso di questa narrazione, abbiamo già ricordato come suor Paola Elisabetta non godesse di buona salute, anzi, i vari acciacchi susseguitisi nel corso degli anni si aggiungevano ad un difetto alla colonna vertebrale che la faceva piegare in avanti e a problemi cardiaci di cui aveva sofferto fin dall’infanzia. Un quadro così delicato, avrebbe richiesto che la Madre si riguardasse, che si prendesse prudentemente cura di sé, ma ciò che sappiamo dalle testimonianze di chi l’ha conosciuta, ci suggerisce esattamente il contrario: finché i disturbi non divenivano davvero molto intensi, non si riposava e non era certo puntuale e scrupolosa nel prendere le medicine. Eccessiva imprudenza? Eccesso di fiducia nella propria resistenza fisica e sfiducia nei medici? Non credo proprio si trattasse di questo: leggendo le biografie di molti uomini e donne (santi proclamati o meno) che hanno speso la vita per il bene altrui, capita spesso di confrontarsi con “esagerazioni” simili; è come se lo slancio a dare, dare, dare per tutta la vita si facesse sempre più forte, sempre più incontenibile, fino ad oltrepassare la misura umana del “buon senso”, fino a dimenticarsi di sé consumandosi come una candela accesa di una fiamma di carità. “Niente di così sorprendente” direbbe forse san Paolo, perché l’amore di Cristo ci spinge (2 Cor, 14), eppure quanto ci stupisce questa capacità di rimpicciolire il proprio “io” coi suoi bisogni per anteporgli il prossimo coi suoi; non vi ingannate: solo chi sa mettere al centro “Dio” è veramente capace di questi miracoli! Ma la vita di Costanza Cerioli, insieme a quella di un’infinità di altri, ci ricorda che è possibile.
Tornando ai fatti, il 1865 fu l’anno in cui le condizioni della Cerioli peggiorarono rapidamente: già non incline a riposare, ciò le fu impedito anche dalla malattia che colpì suor Luigia Corti, il che da un lato le impedì di delegare a quest’ultima parte dei suoi impegni e dall’altra gliene aggiunse di nuovi, visto che se ne prese cura in prima persona.
Per la verità, pare quasi che la Madre presagisse che non le restava molto tempo perché a marzo fece testamento e in quegli ultimi mesi si dedicò quasi freneticamente a completare i suoi scritti, soprattutto quelli che sarebbero stati fondamentali per la continuazione delle opere da lei avviate; basti pensare che due giorni prima di morire scrisse una lettera al Capponi per indicare alla comunità maschile, che come abbiamo visto muoveva i suoi primi passi in modo alquanto incerto, la via per uno stile di vita autenticamente religioso. Era il 22 dicembre e mentre i dolori aumentavano, pare che si accrescessero anche la sua tranquillità e serenità interiori perché pregustava l’incontro con quel Dio da cui si era sentita tanto amata e a cui aveva risposto amandolo a sua volta nei più poveri tra i poveri. Lo so che di fronte a racconti di questo genere qualcuno può pensare che c’entri qualcosa il “fanatismo”, ma non è affatto così! La fede, la fiducia piena nel Dio di Gesù Cristo, è capace di dare un significato diverso ai fatti della vita e, ahimè, anche la morte è uno di essi, il più certo, anche se il mondo in cui viviamo preferisce non parlarne (come se bastasse non guardare in faccia una realtà perché essa scompaia!). I cristiani, invece, sono “realisti”: guardano in faccia anche la morte, ma credono che essa non sia la fine di tutto, bensì un passaggio oltre il quale siamo attesi da Dio.
Ad ogni modo, per il deciso peggioramento delle sue condizioni, fu chiamato il medico che prescrisse tra l’altro un rimedio che oggi ci fa sorridere e inorridire, cioè una cura con le sanguisughe (quanti progressi ha fatto la medicina per nostra fortuna!) e una polverina per eliminare l’acqua di cui era gonfia. Non sarete forse sorpresi nel sapere che tali rimedi non giovarono: la sera del 23 dicembre la Madre, sentendosi vicina alla fine, ma anche per vivere al meglio il Natale ormai prossimo, chiese di confessarsi, seguì dalla sua stanza l’adorazione eucaristica che si svolgeva nella cappella adiacente e mangiò qualcosa. Il medico tornò e constatò che non vi era alcun miglioramento e lasciò suor Paola Elisabetta (la quale ebbe medo di confidare che non avrebbe augurato quei dolori neppure ad una bestia!) in compagnia delle due sorelle che l’assistevano: suor Francesca e suor Luigia Corti. Quel che sappiamo dal racconto delle due suore è che la Madre le invitò a riposare un po’ e che ad un certo punto della notte si addormentarono tutte e tre. Un’oretta più tardi, fu proprio suor Luigia, che dormiva in un letto accanto a quello della Fondatrice, a svegliarsi e, alzandosi per controllare le condizioni della malata, si accorse che era morta nel sonno. Erano circa le 2:00 del 24 dicembre.
I giorni che seguirono furono segnati da un grande afflusso di persone a Comonte per rendere omaggio alla salma e pregare per suor Paola Elisabetta; anche il funerale, che si svolse il 26 dicembre nella chiesa parrocchiale di Seriate, vide una partecipazione straordinaria di popolo e di sacerdoti. La morte della Cerioli suscitò commozione in tutta la società bergamasca (e non solo) e se non ci stupiscono le parole con cui don Pietro Piccinelli, nell’omelia, esortava a considerare già santa quella donna che era stata figlia, moglie, madre e poi religiosa, colpiscono invece molto quelle di un laico, Ottavio Tasca, che in passato aveva raccontato con entusiasmo le avventure dei Mille garibaldini; fu proprio lui a scrivere su un giornale locale un commosso elogio per la defunta, nel quale riassumeva con straordinaria efficacia tutto quanto abbiamo fin qui cercato di raccontare: Ella visse e morì da cristiana, e questo è il più bel epitaffio che scolpire si possa sulla tomba d’un redento.
Ecco, così si conclude la vita di suor Paola Elisabetta, al secolo Costanza Cerioli. Il seguito della storia ci racconta della sepoltura nel cimitero di Seriate e del flusso di persone che si recava a visitarla e a pregare; ci racconta del primo Capitolo (così si chiama la riunione generale dei membri di una congregazione per prendere decisioni importanti circa la vita della congregazione stessa) durante il quale fu eletta Madre Generale suor Luigia Corti; ci racconta ancora del trasferimento della salma della Cerioli da Seriate al convento di Comonte vent’anni dopo la morte.
Ma noi ci fermiamo a quel 24 dicembre 1865, quando suor Paola Elisabetta passava da questa vita alla Vita eterna in Paradiso, lasciando quaggiù il frutto della sua dedizione: “ventiquattro Religiose, tre Figlie di S. Giuseppe e ottantacinque orfanelle nelle tre case femminili di Comonte, Soncino e Leffe; e quattro Fratelli e quindici orfani nell’Istituto Maschile a Villa Campagna.” L’inizio, insomma, della Sacra Famiglia che oggi conosciamo.