Da sempre i compiti scatenano forti discussioni sia tra gli insegnanti che li assegnano sia tra i genitori che, a casa, si trovano spesso a dover sostenere i figli per eseguirli. I pareri sono discordanti: c’è chi li avverte come una necessità e chi, invece, li considera un inutile peso.
Nella tradizione scolastica italiana la maggior parte degli insegnanti e dei genitori è concorde nel ritenerli utili e capaci di produrre effetti benefici sul consolidamento degli apprendimenti.
E per loro? Per gli alunni che li devono svolgere a casa sottraendoli al tempo libero fino a che punto i compiti promuovono benessere cognitivo? Servono davvero a potenziare ciò che è stato affrontato in classe?
Le ricerche condotte in ambito scientifico e riferite all’efficacia dei compiti a casa (Cooper, 2006) individuano una correlazione positiva tra compiti e rendimento scolastico se questi sono assegnati tenendo conto dell’età cronologica degli studenti. Secondo le ricerche citate infatti essi risultano efficaci laddove la capacità di lavoro autonomo, il senso di responsabilità individuale e i tempi di concentrazione degli studenti sono sicuramente più elevati in correlazione con l’età e con una presunta ma sicuramente attesa maturità nell’approccio allo studio.
Tenendo conto delle posizioni dicotomiche, tra lo scetticismo di chi sostiene che i momenti dedicati ai compiti a casa non servono a nulla e anzi sottraggono il tempo ad altre esperienze significative (relazioni affettive , attività sportive ed artistiche , interessi specifici..) e chi pretende di assegnare ai compiti un valore vincolante per il consolidamento degli apprendimenti scolastici, gli Insegnanti della Scuola Sacra Famiglia hanno deciso di fermarsi a riflettere insieme per individuare una direzione comune da condividere nelle pratiche.
Riuniti in commissione di lavoro convocata tra scuola primaria e secondaria hanno provato a riflettere sulle abitudini in uso e sui loro effetti mettendo a confronto certezze, dubbi e difficoltà, ascoltando anche la voce degli studenti e delle loro famiglie. Scopo del lavoro era quello di mettere a punto un “VADEMECUM COMPITI” che potesse assumere il valore di una pratica pedagogica e didattica da seguire insieme, nella continuità verticale e progressiva tra ordini di scuola diversi (Primaria-Secondaria) ma anche nella continuità orizzontale dell’alleanza tra scuola e famiglia.
1^ CONSIDERAZIONE: nessuno nega che i compiti possano portare benefici ma vanno fatte preliminarmente alcune considerazioni.
Intanto si tratta di distinguere tra “compiti scritti” e “attività di studio e/o di lettura”.
Si intende per compiti scritti l’insieme degli esercizi e l’esecuzione di prove che servono solitamente ad allenare le conoscenze e le abilità già acquisite. Si chiamano anche esercitazioni e hanno lo scopo di consolidare e rinforzare il processo di memorizzazione già iniziato in classe dove si è già avuto modo di cogliere la procedura di esecuzione e di sperimentarne l’applicazione sotto la guida dell’insegnante.
È importante infatti ribadire che, quando un insegnante assegna un compito, deve farlo con la certezza che l’alunno sia in grado di farlo da solo, in completa autonomia esecutiva, senza necessariamente dover richiedere a parenti ed amici le modalità di esecuzione. L’atteggiamento di molti genitori che si fanno carico di “fare i compiti” con i loro figli non è infatti un’abitudine consigliabile. È sufficiente che i genitori ne richiedano l’esecuzione e sostengano i figli nell’assunzione responsabile di ciò che è stato loro assegnato (è il compito degli alunni non dei genitori) senza sedersi accanto a loro correggendoli se sbagliano o sostituendo con i propri suggerimenti le spiegazioni dell’insegnante scatenando spesso reazioni conflittuali tra le parti.
2^ CONSIDERAZIONE: i compiti (sia scritti che orali) non vanno mai assegnati per una loro restituzione immediata (oggi per domani) tenendo conto che il tempo della casa e/o il tempo dopo la scuola potrebbero subire contrazioni per impegni familiari diversi. Dopo una giornata di otto ore passata a scuola sembra logico pensare che un alunno, soprattutto un bambino, non sia sempre nelle migliori condizioni fisiche e mentali per ritornare subito sui quaderni. Adottare il criterio del compito posticipato dopo alcuni giorni richiede però una capacità, per l’alunno ma anche per la sua famiglia, di pianificarne l’esecuzione. Infatti, senza una distribuzione degli impegni calibrata nelle diverse giornate, il rischio è quello di accumulare i compiti e di ritrovarsi, nel fine settimana, ad affrontare orari impossibili da reggere (per l’alunno ma anche per tutta la famiglia).
3^ CONSIDERAZIONE: come già anticipato (Cooper e alt. 1989, 2006) i compiti di casa possono portare benefici solo se utilizzati nelle modalità e nelle quantità appropriate. Tenere conto dell’età cronologica e della durata dello sforzo cognitivo richiesto alle diverse età serve a mettere gli alunni nella condizione di assumersi la responsabilità di un lavoro calibrato sulle proprie reali possibilità. Serve anche, come ci ricorda Daniela Lucangeli, ad associare al lavoro fatto a casa le emozioni positive che sono in grado di sostenere lo sforzo e ad assicurare la possibilità di assumerlo con la soddisfazione di essere stato in grado di finirlo nei tempi stabiliti e con i risultati adeguati.
Per questo i docenti della nostra scuola hanno ragionato a lungo sulla progressione del lavoro da assegnare a casa stabilendo tempi molto limitati per gli alunni più piccoli che vengono via via aumentati fino ad arrivare all’impegno massimo di 7 ore settimanali traducibili nella pianificazione di 1 ora al giorno) per gli alunni della scuola secondaria. Per questi ultimi non si tratta tanto di “compiti scritti” (che vengono solitamente sviluppati a scuola nei pomeriggi gestiti dagli educatori) quanto piuttosto di “attività di studio”. È assurdo infatti pensare che l’interiorizzazione di conoscenze e di concetti richiesta dalle materie di studio (letteratura, storia, scienze...), possa essere assimilata nel breve tempo che viene loro dedicato in aula. In classe gli insegnanti si dedicano alla spiegazione dei concetti fondamentali selezionati per capire, procedono insieme agli studenti a costruire gli strumenti (appunti, tabelle, mappe) capaci di agganciare le loro conoscenze in schemi di connessione facilitanti ma poi il lavoro di assimilazione e di rielaborazione espositiva dovrà necessariamente essere gestito dal singolo alunno attivando a casa, nella riflessione individuale, il proprio metodo di studio e di lavoro. Anche in questo caso si rivela fondamentale la pianificazione precisa dei propri impegni settimanali al fine di acquisire la capacità, che è sintomo di maturità e di consapevolezza metacognitiva, della gestione dei propri tempi giornalieri. Il diario, che una volta annotava pagina per pagina le scadenze settimanali, è uno strumento oggi un po’ in disuso ma ancora valido; utili risultano anche le agende digitali o più semplicemente i post it da appiccicare sulla scrivania per non dimenticare le urgenze che ci attendono.
ULTIMO ASPETTO: LE VACANZE. Come riporta il dizionario etimologico la parola vacanza fa riferimento all’essere “vacuus” cioè a un tempo vuoto e libero da occupazioni. È il tempo necessario alla rigenerazione cognitiva e neuronale, il tempo in cui, dopo un periodo prolungato di impegni, ci si può ricaricare. Solitamente durante le vacanze, proprio per non generare il “vacuus” mentale, vengono assegnati dei compiti: anche qui, per stabilire quali e quanti, vanno rispettate alcune regole.
Al di là delle vacanze estive per le quali solitamente tutti gli insegnanti forniscono alle famiglie delle indicazioni a volte anche personalizzate, il tempo delle vacanze dovrebbe rispettare alcuni criteri : salvaguardare per i ragazzi il recupero psicofisico considerando che hanno bisogno di vivere anche i momenti del riposo senza impegni e, non meno importante, lasciare agli alunni la possibilità di dedicarsi , in modo più intenso e continuativo, agli affetti della famiglia o agli interessi personali. Viviamo tutto l’anno tempi accelerati e frenetici e il maggior tempo a disposizione nelle vacanze potrebbe davvero servire ad incentivare e approfondire le relazioni sociali. Anche la lettura personale, che durante i tempi della scuola è quasi sempre finalizzata a scopi didattici, potrebbe piacevolmente insinuarsi nel tempo libero degli alunni per catturarli tra le pagine del libro.
Per tutti questi motivi il VADEMECUM compilato dai docenti della Sacra Famiglia prevede compiti decisamente alleggeriti nei tempi che il calendario scolastico individua come tempi canonici dedicati alle vacanze (Natale, Carnevale, Pasqua...).
E gli alunni?
Perché non provare a chiedere loro che cosa ne pensano dei compiti a casa?
Una insegnante ha provato a parlarne in classe chiedendo agli alunni di argomentare le ragioni di vantaggi e svantaggi dei compiti a casa.
Molto responsabilmente i ragazzini che hanno risposto ne hanno evidenziato la necessità definendo i compiti un “allenamento per il cervello”, un “rinforzo della memoria”, un modo per diventare più autonomi nello studio o, addirittura (come dice un alunno) di sentirsi orgogliosi di se stessi quando si riesce a farli da soli. Naturalmente emergono anche la noia di eseguire esercizi ripetitivi o troppo lunghi, soprattutto quando l’esercitazione appare inutile avendo già acquisito la competenza. I ragazzi però hanno individuato anche alcune soluzioni che potrebbero essere prese in considerazione in quanto non prive di fondamento: lasciare un po’ di tempo a scuola per cominciare ad impostarli, personalizzare i compiti a seconda delle difficoltà evidenziate da ciascuno, tradurli in attività più di carattere laboratoriale o assegnare lavori da eseguire magari in coppia con un compagno o addirittura in piccolo gruppo. Tutto questo perché, come suggerisce un nostro studente, se sei demotivato, annoiato e stanco finisci per spegnere il cervello anziché allenarlo.
Riflettendo su tutti questi aspetti, il “VADEMECUM COMPITI” DELLA SACRA FAMIGLIA è ormai pronto. Già è stato assunto dal Collegio docenti e, prossimamente, verrà presentato ai genitori del Consiglio di Istituto per essere poi diffuso.
Le vacanze estive ormai prossime serviranno a “metterlo alla prova” con la sollecitazione ai genitori di osservare i ragazzi alle prese con i loro compiti per poi farci pervenire il loro parere.