Ben ritrovati, cari lettori! Nelle ultime tappe del nostro racconto della vita di santa Paola Elisabetta Cerioli, ci siamo dedicati ai primi concreti ampliamenti della sua opera con la fondazione di nuove comunità femminili a Villacampagna, a Soncino e a Leffe.
In tutto ciò però, non possiamo dimenticare che il centro pulsante della vita della Congregazione rimaneva la cosiddetta “casa madre”, la prima, quella aperta a Comonte di Seriate. Qui continuavano a risiedere le due figure più importanti per l’istituto religioso: la Superiora Generale, Madre Paola Elisabetta appunto, e la sua Assistente suor Luigia Corti che ricopriva anche il ruolo di Maestra delle novizie, ovvero era la principale responsabile della formazione delle giovani donne che intraprendevano il percorso che avrebbe potuto portarle, se quella si fosse davvero dimostrata la loro strada, a diventare religiose.
Ovviamente le cose non filarono sempre lisce come l’olio: dobbiamo infatti dire che nel triennio 1861-1864 le novizie non furono molte, anzi proprio nel ’64 la situazione si fece preoccupante e la Madre reagì invitando le religiose a pregare san Giuseppe per l’aumento delle vocazioni; così fu e, chissà che anche per intervento del falegname di Nazareth, già l’anno successivo l’allarme era rientrato.
Non furono però solo queste le difficoltà: mentre gli impegni e le responsabilità aumentavano, la salute della Cerioli cominciava a peggiorare e, come se non bastasse, anche quella di suor Luigia Corti si fece preoccupante, tanto che si arrivò a temere per la sua vita… Nonostante ciò, grazie alla spinta ideale, alla disponibilità al lavoro e al sacrifico e soprattutto, come ci ricorderebbe probabilmente santa Paola Elisabetta, alla fede incrollabile nella paterna protezione di Dio, la Congregazione rimase salda e proseguì la sua storia.
Oltre alle religiose, a Comonte risiedeva il maggior numero delle Figlie di san Giuseppe: sappiamo infatti che, mentre veniva fondata quella di Villacampagna, in casa madre le orfane erano ben trentatré.
Ormai, dopo quanto abbiamo già raccontato, non vi sorprenderà sentir parlare della cura amorevole e incessante che suor Paola Elisabetta rivolgeva loro sia quando era presente sia quando, nei soggiorni nelle altre case, si premurava di scrivere per rispondere alle domande e alle preoccupazioni che le venivano presentate via lettera. Anche la salute delle Figlie preoccupava non poco la Fondatrice e le altre religiose: pensate che già tra il 1859 e il 1860, in meno di un anno, erano morte ben cinque orfane e non sarebbero neppure state le uniche.
Anche per quanto riguarda le attività svolte quotidianamente a Comonte, siete ormai abbastanza esperti, ragazzi, per immaginare che un ruolo centrale avevano la lavorazione del lino, della lana, del cotone e della seta; in effetti sappiamo che questo laboratorio tessile era uno dei più importanti della zona e che alla coltivazione e lavorazione dei bachi si dedicavano proprio tutte le componenti della comunità: religiose, novizie e Figlie. C’erano poi anche quei lavori che, con un termine tipico dell’epoca, erano detti “donneschi”, primo fra tutti il lavoro a maglia, all’epoca insegnato in tutte le scuole femminili.
Essendo stata il modello a partire dal quale presero forma le altre, la casa madre continuava anche a fare scuola sia per le alunne interne che per le esterne e bisogna dire che, a differenza di quanto abbiamo detto per Villacampagna, Soncino e Leffe, in questo caso gli ispettori scolastici si dimostrarono fin da subito soddisfatti dell’attività svolta e della preparazione delle ragazze; del resto, anche la popolazione e le autorità di Seriate (sindaco in testa) erano riconoscenti verso la Congregazione per l’opera che svolgeva.
Comonte era anche il “centro economico” della Congregazione: le varie case infatti erano finanziariamente interconnesse e in quei primi anni di tutte le questioni amministrative si occupava, con prudenza e competenza, la stessa Superiora Generale che ben sapeva quanto fosse necessario vigilare sui conti affinché la sua intera opera non annegasse nei debiti che avrebbero potuto facilmente soffocarla. Anche in questo la Cerioli si dimostrò un’eccellente amministratrice.
Nell’elenco delle attività svolte, restano da nominare ancora l’oratorio festivo (che già ben conosciamo) e i periodici esercizi spirituali che venivano organizzati non solo per le religiose, ma anche per le ragazze interne ed esterne. Di questi prolungati tempi di ritiro per dedicarsi alla preghiera e alla meditazione della Parola di Dio, si dice gran bene nei documenti di cui disponiamo e da essi emerge soprattutto la grande importanza che essi assumevano nell’ambito dell’opera formativa della Sacra Famiglia. Questo magari ci aiuta anche a tenere ben presente un dato che non deve assolutamente sfuggirci quando ci avviciniamo alla vita di un santo o, come nel nostro caso, di una santa: senza togliere alcunché alle opere di carità materiale di cui abbiamo già parlato e di cui continueremo a parlare, il bene più grande che un uomo e donna di fede sente di dover donare agli altri è la possibilità dell’incontro con Dio stesso e santa Paola Elisabetta lo avesse ben chiaro. Ecco allora spiegata la cura per la vita spirituale delle sue sorelle religiose, delle sue Figlie e anche delle altre ragazze “esterne”.
Bene, cari ragazzi, anche per questa volta abbiamo quasi concluso; prima di salutarvi, però, ritengo di dovervi raccontare ancora un particolare interessante che dimostra come l’eco dell’opera svolta dalla Sacra Famiglia a favore delle povere orfane fosse arrivata “lontano”, fino ad orecchie importanti: nel 1865, il Papa Pio IX, informato da un sacerdote locale, don Broggi, di quanto compiuto da questa donna lombarda rimasta prima vedova e poi priva di figli, ne rimase assai colpito e le fece giungere la sua riconoscenza e la sua benedizione.