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183. STORIA DELLA CERIOLI. Un’opera che cresce: Villacampagna e Soncino

183. STORIA DELLA CERIOLI. Un’opera che cresce: Villacampagna e Soncino

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Come forse ricorderete, giovani lettori, abbiamo interrotto la nostra narrazione della vita di santa Paola Elisabetta Cerioli dopo aver descritto un periodo febbrile, una manciata di anni in cui la neonata opera della fondatrice cresceva rapidamente e vi avevo anticipato che quello era solo all’inizio… Ebbene, è proprio da qui che riprendo il filo, cercando di raccontare come, da Comonte, la fondatrice ampliò il raggio di azione della piccola Congregazione della Sacra Famiglia con la fondazione di altre due case, entrambe in provincia di Cremona e poco distanti tra loro: una a Villacampagna e l’altra a Soncino, suo luogo di nascita.

Andiamo con ordine: a Villacampagna la Cerioli possedeva una piccola casa affiancata da un cascinale destinato ai coloni (così si chiamavano allora i contadini che lavoravano, a contratto, le terre di altri) e non stupisce che inizialmente abbia preso in considerazione proprio quegli edifici per allargare la sua opera di carità; le costruzioni, tuttavia, apparivano davvero troppo piccole e troppo decentrate rispetto a Soncino (da cui distavano circa 3 km) e questo suscitò non poche perplessità sia nella Fondatrice sia in alcuni suoi collaboratori e consiglieri; ad ogni modo, tra perplessità e valutazioni che qui non è il caso di approfondire, tra la fine del 1861 e l’inizio del 1862, madre Paola Elisabetta annunciò la fondazione della seconda comunità proprio a Villacampagna. La casa, come già detto, non era l’ideale e come se non bastasse versava in condizioni tutt’altro che buone (pensate che a diverse porte e finestre mancavano gli infissi), ma i tempi sembravano essere maturi: a Comonte ormai c’erano 18 religiose e ben 33 Figlie di S. Giuseppe! Non solo: se gli edifici erano trascurati da tempo, è altrettanto vero che la loro collocazione in campagna prometteva una vita di lavoro nel raccoglimento perfetta per gli scopi della Congregazione. L’apertura ufficiale della casa fu fissata per il 25 aprile 1862 e nei giorni precedenti la Cerioli stessa, con l’aiuto di altre due suore, si rimboccò le maniche e diede inizio ai primi lavori di sistemazione per renderla accogliente, in attesa poi di alcuni interventi dei muratori che sarebbero avvenuti in seguito. Non tutto però filava liscio: il parere dei più fidati consiglieri della Fondatrice, tra cui don Valsecchi, rimaneva decisamente negativo circa quella sistemazione, tanto che il vescovo di Bergamo, mons. Speranza, si sentì in dovere di richiamare la Madre ad essere più prudente: vivere in un ambiente poco sano poteva danneggiare la salute delle suore come quella delle allieve. Ad ogni modo, la casa rimase aperta ed iniziò a vivere, ma non mancarono neppure inconvenienti che oggi strappano un sorriso: pensate che il giorno dell’inaugurazione, il cavallo che doveva portare suor Paola Elisabetta e don Valsecchi da Comonte a Villacapagna si impuntò e non ci fu verso di farlo muovere... Un po’ più grave fu l’“incidente diplomatico” col vescovo di Cremona a cui nessuno aveva pensato di far sapere della fondazione, nella sua diocesi, di una nuova casa della Sacra Famiglia. Per fortuna le scuse della Cerioli e l’intervento del vescovo di Bergamo (che si assunse la responsabilità del disguido) evitarono il peggio; anzi, bisogna dire che il suo collega cremonese, mons. Novasconi, si recò a visitare la nuova comunità e dimostrò molta simpatia verso l’opera svolta.

La permanenza a Villacampagna ebbe tuttavia vita breve: ad un anno dall’apertura, nell’aprile 1863, come leggerete più avanti, fu aperta la casa nella vicina Soncino e nel giugno dello stesso anno tutte le attività furono di fatto trasferite là. Il perché è presto detto: gli spazi ristretti non consentivano di ospitare più di tre religiose e sei Figlie di S. Giuseppe. Non solo: se l’isolamento in campagna favoriva il raccoglimento, rendeva anche la vita facile ai ladri che non persero l’occasione di far visita a Villacampagna portando via i pochi soldi che trovarono. Quanto alla vita che la comunità conduceva in quella casa, essa presentava caratteristiche molto simili a quelle di cui abbiamo già visto a Comonte: lavori agricoli per le ragazze più robuste, cucito e produzione di oggetti durante i mesi invernali e coltivazione di bachi da seta (che nei secoli scorsi è stata importante nelle nostre terre); accanto a tutto ciò, ovviamente, furono portate avanti la scuola per le ragazze esterne (22 alunne già a pochi giorni dall’apertura della casa) e l’oratorio festivo femminile (all’epoca, infatti, era impensabile che maschi e femmine si mischiassero nei giochi e in altre attività, persino a messa).

Seguitemi ora, ragazzi, mentre ci spostiamo di circa 3 km da Vilacampagna a Soncino. Qui sorgeva il complesso di S. Maria delle Grazie, un ex convento carmelitano su cui da tempo la Cerioli aveva messo gli occhi: esso, per posizione e ampiezza, era decisamente più adatto alle esigenze della Congregazione perciò, nel 1863, la Madre, dopo non pochi ripensamenti e tira e molla burocratici, lo comprò per 14.150 lire; non saprei dire, ora come ora, a quanti euro di oggi corrispondano, ma vi assicuro che si trattò di una bella cifra! Del trasferimento in questa nuova casa vi ho già detto sopra, ma per darvi l’idea di quanto felice fu questa scelta, basterà qualche numero; ricordate che a Villacampagna era stato iniziato l’oratorio festivo? Ebbene, pare che domenica 24 maggio del 1863, le ragazze presenti fossero circa 160, un numero impensabile senza il trasferimento a Soncino! In sostanza la domenica il paese si svuotava di ragazze e i poveri coetanei maschi in cerca di compagnia femminile si radunavano alla porta del convento schiamazzando e deridendo le attività che si svolgevano all’interno. La Cerioli mostrò anche in questo caso la sua determinazione: poiché la cosa andava ripetendosi troppo spesso, chiese l’intervento delle guardie per allontanarli.

A Soncino, ovviamente, proseguì anche l’attività scolastica aperta alle esterne e con risultati impressionanti: nel corso del mese di maggio 1863, le iscritte passarono da 42 a 140 creando non pochi problemi a livello organizzativo e attirando l’attenzione, tutt’altro che benevola, delle sospettosissime autorità scolastiche del nuovo Regno d’Italia nato solo un paio d’anni prima e da subito in rapporti tutt’altro che sereni con la Chiesa cattolica. Quasi subito iniziarono le ispezioni alla scuola che si vide accusata, tra l’altro, di svolgere propaganda antigovernativa e di aver avviato la propria attività senza il regolare consenso delle autorità. Al fondo di tutto ciò, non dovete dimenticare, cari ragazzi, che quelli erano anni davvero tesi: il nuovo Stato voleva come capitale Roma che era ancora sotto l’autorità del papa, e non vedeva di buon occhio la nascita di congregazioni religiose che, prendendosi cura dei più poveri, di fatto mettevano in evidenza ciò che lo Stato stesso non era in grado fare. Ad ogni modo, anche con l’aiuto dei vescovi Speranza e Novasconi, quelle difficoltà furono superate e le ispezioni-persecuzioni cessarono.

Anche se tra non poche difficoltà, dunque, la vita della nuova comunità femminile di Soncino era saldamente avviata e ciò sicuramente fu dovuto alla determinazione di santa Paola Elisabetta che non si risparmiò pur di portare avanti la sua opera caritatevole a favore delle giovani meno fortunate. Né fece mancare la propria vicinanza alle nuove comunità che nascevano: le cronache ci informano delle diverse visite che la Madre fece a Villacampagna prima e a Soncino poi, delle lettere che inviava alle religiose e alle Figlie di S. Giuseppe per far sentire la sua vicinanza, per raccomandare alcuni comportamenti che le stavano a cuore e, non da ultimo, per rimproverare apertamente le disobbedienze. Una vera madre, insomma.

Prima di salutarvi, cari lettori, voglio condividere con voi ancora un pensiero; leggendo la vita di santa Paola Elisabetta Cerioli, come succede spesso con altri santi, si resta stupiti per ciò che, nonostante mille difficoltà, sono riusciti a realizzare e si può pensare che siano dei supereroi, degli esseri speciali… non è così. Costanza era una donna del suo tempo, una persona normalissima, senza particolari “poteri”, che per fede, scoprendo di essere profondamente amata da Dio, ha scelto di donare a sua volta la propria vita per i fratelli confidando che il Signore stesso, un po’ come con la  moltiplicazione dei pani, avrebbe preso il “poco” che lei poteva fare e dare e lo avrebbe moltiplicato a vantaggio di molti. E di quei molti, un secolo e mezzo dopo, facciamo parte anche noi.

 

(Foto: Soncino. Veduta aerea.)

Client

prof. Marco Gamba, Docente di Lettere della Scuola Secondaria

Date

21 Gennaio 2023

Tags

Cerioli

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