"Buongiorno, tra pochi giorni diventerò mamma! Sono molto felice di questo, ma allo stesso tempo mi sto interrogando su come crescere al meglio mio figlio: vorrei che imparasse a stare bene con se stesso e con gli altri, cosa che io a fatica ho conquistato. Come posso fare?"
Cara mamma, pone una questione molto interessante e che tocca anche lo sviluppo dell’intelligenza emotiva, che tra l’altro sta alla base di quella che chiamiamo “personalità”.
La mia risposta si riassume in una parola: mentalizzazione.
La mentalizzazione può essere definita come la capacità di leggere la mente propria e degli altri, cioè di attribuire a sé e agli altri stati mentali (credenze, desideri, emozioni e intenzioni) congrui e usare tali attribuzioni per prevedere i comportamenti altrui e rispondergli in modo adeguato. La mentalizzazione è alla base di concetti come assertività, fiducia, consapevolezza e resilienza. Un esempio: un bambino fissa un peluche e protrae le sue mani verso di esso. Il genitore osserva il comportamento del bambino e pensa “mio figlio vorrebbe prendere quel peluche per giocarci”. Ecco, questa è la mentalizzazione, un’operazione con la quale si tiene a mente la mente dell’altro (e propria).
Partiamo col tenere in considerazione l’esperienza interna di un neonato: viene al mondo come essere multi-sensiente. Può provare irritazione per la pipì nel pannolino, mal di pancia, fastidio per la polvere, fastidio se gli pizzica il naso, può provare appetito così come rabbia, gioia, paura, angoscia, fame, sete, desiderio… Solo che il bambino è inondato da tutti questi stimoli e non sa come gestirli. L’unica cosa che vuole, per non sentirsi sopraffatto da questa marea di stimoli, è essere rassicurato, intanto che imparerà a farlo da solo e a capire da dove arrivano quelle sensazioni così soverchianti. Un bambino non è in grado di auto-consolarsi, né di auto-regolarsi. La regolazione sensoriale, entro i primi anni di vita, è un’operazione che viene compiuta in due: da un lato il bambino e dall’altro l’adulto di riferimento. L’adulto è chiamato a contenere gli stati emotivi/corporei del bambino, offrendo un ambiente di contenimento entro il quale il bambino dovrebbe sentirsi sicuro. Entro questo “spazio regolatorio” (etero-regolatorio perché il bambino ancora non sa come auto-regolarsi) il piccolo inizia a formare la sua identità, a capire chi è e… lo fa in base a come si sente. E come fa a capire come si sente? Se un neonato potesse chiedere qualcosa alla sua mamma per assicurarsi una crescita sana e funzionale, pronuncerebbe queste parole: “Mamma, dimmi come mi sento!”. L’identità del bambino si struttura sulla base di come l’adulto lo fa sentire. Ecco che scende in gioco la mentalizzazione. Purtroppo non tutti i genitori riescono a mentalizzare gli stati interiori dei figli restituendo al piccolo stati mentali del tutto auto-referenziati. Il bambino, in questo modo, non saprà come si sente ma come il genitore distorce ciò che egli pensa o sente… essendo il genitore il suo unico punto di riferimento, il bambino strutturerà la sua funzione riflessiva (mentalizzazione) in base a ciò che gli viene restituito dall’adulto. Ecco un esempio per meglio spiegarmi su quanto delicata sia la questione: un bambino insiste e vuole prendere un soprammobile in ceramica. Il piccolo cerca di arrampicarsi sulla sedia per raggiungerlo… la mamma gli dice ripetutamente “No!” “Fermo…“. Il piccolo insiste e prova ancora a raggiungere l’oggetto. La mamma dice: “Non si fa!” e intanto pensa: “mio figlio non obbedisce” – “è davvero testardo” – “mi vuole sfidare… vediamo chi vince”. In realtà in questo caso non esiste nessuna competizione in corso, non esiste nessuna obbedienza… Il bambino è semplicemente curioso. Un’operazione di mentalizzazione da parte della mamma potrebbe essere: «il piccolo è molto incuriosito da quell’oggetto». La mentalizzazione non esclude l’esistenza di regole, semplicemente prevede di rispondere alla domanda «cosa c’è ora nella mente del bambino?» (perché un bambino ha la sua mente da quando nasce!) senza cadere in proiezioni e desideri propri.
Alcuni esempi di falsa e vera mentalizzazione:
False mentalizzazioni |
Mentalizzazione |
Mi manca di rispetto |
È arrabbiato per il motivo X |
Lo fa apposta per provocarmi / Lo fa per vedere fin quando esplodo |
È assillato da qualche pensiero o emozione e vuole essere rassicurato |
È troppo capriccioso, non vuole capire |
Si sente angosciato e non riesce a venirne fuori da solo |
Proprio oggi che sto male, ha deciso di darmi i tormenti |
Sente il mio disagio e va in stato di allerta/agitazione perché non sa come esprimerlo |
Mi vuole manipolare |
È in difficoltà e cerca il mio conforto |
Restituendo al bambino la propria mente, si avranno ricadute positive sull’intero sistema familiare. Una buona mentalizzazione:
Come mamma e papà siete determinanti nello sviluppo della personalità e dell’identità di vostro figlio. Un genitore consapevole può fare davvero la differenza! La mentalizzazione è fondamentale per consentire al tuo bambino di costruire un Sé coeso, coerente e autentico, capace di stare con sé e con gli altri.