Ripensando al seminario “Servire il gioco, servire il bambino” sono diverse le suggestioni che mi tornano alla mente, che hanno nutrito il mio «orgoglio educativo». Da una parte è stata l’occasione per tirare le fila rispetto al percorso fatto lo scorso anno, dall’altro un’apertura a nuovi mondi per mettersi al servizio dei bambini, guardarli con occhiali nuovi e offrire nuove possibilità consapevoli per affrontare il disagio del bambino senza essere a disagio.
Ecco alcune parole che mi hanno accompagnato nel ripensare alla mia professione:
- L’adulto “specchio”, di cui il bambino ha la necessità ed è alla ricerca («Maestra guardami!») per guardarsi, conoscersi e crescere. In quel rispecchiamento l’adulto ha il “potere” di interagire, co-costruire, regolare («Voglio che tu senti quello che io sento!»). E dietro un grande potere c’è anche una grande responsabilità! Per cui: come guardiamo il bambino? Con quali occhiali? Cosa comunicano i miei occhi? Cosa comunica il mio corpo?
- Il gioco spontaneo, il gioco sensomotorio, non è solo un gioco! È cosa seria: è un bisogno educativo innato; è il luogo delle possibilità di cambiamento (almeno nei primi 10 anni), è il garante di una crescita armonica; è un modo per coltivare i pre-requisiti degli apprendimenti. Il gioco può essere un nutrimento per la mente e per il corpo! Per cui forse… ad esempio fare un salto da un gradino non è una banalità, così come il gioco libero non è un “ripiego” tra attività.
- Adulto educatore, che coltiva il Sé competente; che è capace di so-stare nella relazione con un atteggiamento empatico e con uno “sguardo ostetrico” capace di accompagnare la nascita della vita psichica e sociale (forse un po’ come l’idea di seconda generazione di cui parlava anche la Cerioli?). Questo non è solo un lavoro, è una grande missione, da alimentare giorno per giorno!…
- Disagio, è una parola a cui si dà un’accezione negativa, da evitare e da cui fuggire. Grazie a questo corso e gli strumenti offerti ho imparato ad iniziare a riconoscerlo ed affrontarlo con più serenità!... Ma il percorso è solo all’inizio e nuove finestre si aprono per far entrare sempre più luce nel buio delle difficoltà! Hai un problema? Non è un problema!
Essere educatrice...non solo fare l’educatrice: lavoro-vocazione tutt’altro che semplice e anche se non sempre la società riconosce a questa professione il valore che merita, sapere di occuparmi dei primi mille giorni del bambino e poter fare così tanto per la crescita dell’Io di ogni persona, sostiene e rinnova l’ORGOGLIO EDUCATIVO!
Grazie anche a questa Scuola che crede ed investe nella formazione, nutrendo e alimentando la professionalità dei suoi dipendenti!