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0144. Un seminario commovente (nella doppia accezione: “che mette in movimento” ma anche “che desta profonda emozione”)

0144. Un seminario commovente (nella doppia accezione: “che mette in movimento” ma anche “che desta profonda emozione”)

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Come ogni anno, anche quest’anno, le scuole della Sacra Famiglia hanno dato spazio al prof. GIUSEPPE NICOLODI per continuare la riflessione sul disagio educativo.

Riuniti in Aula magna, sabato 3 ottobre, tutti gli insegnanti (Nido, Infanzia e Primaria) di Martinengo e di Orzinuovi si sono ritrovati di nuovo insieme per cercare, con l’aiuto del prof Nicolodi, della dott.ssa Lucia Carpi e della dott.ssa Nicoletta Novaro, tutte le risposte che servono ad affrontare la relazione educativa con i più piccoli, mentre altri docenti interessati ma anche genitori ed esperti di altre scuole hanno potuto seguire il seminario online.

Va subito chiarito un aspetto fondamentale: quando si parla di “DISAGIO EDUCATIVO” non è al disagio dei bambini che ci si riferisce ma al malessere che spesso vivono gli insegnanti quando sono messi “a dura prova” dal disagio dei bambini. Si tratta di un “metadisagio” vissuto per empatia che ha conseguenze pesanti sul benessere professionale e personale dei docenti. Capita sovente infatti che, non riuscendo a trovare le risposte per aiutare i bambini che evidenziano difficoltà nella gestione del comportamento (spesso gravi difficoltà, spesso esterne alla scuola), gli insegnanti si sentano impotenti, frustrati dai molti tentativi agiti che non hanno dato esito positivo, abbattuti dalla difficoltà del compito.

Ed ecco che si determina la situazione: la maestra sta male perché il bambino che le è stato affidato sta male ed esprime la sua sofferenza attraverso atteggiamenti scomposti ed oppositivi.

Sembra un gioco di parole; invece è un gioco di relazioni che richiede all’adulto di mettere in campo tutta la propria energia per accogliere e rassicurare senza andare a sua volta nel panico, con la consapevolezza che un bambino che sta male non si affiderà mai a un insegnante che, di fronte alla sua richiesta di aiuto, manifesta a sua volta difficoltà.

È per questo che il prof Nicolodi indica a tutti i docenti l’uso di uno schermo speciale: invita a sfoderare “LO SCUDO DI ATENA” (dal mito della medusa) come metafora dell’atteggiamento da assumere per filtrare e non per subire la sofferenza emotiva del bambino. Lo scudo non serve a parare gli strali lanciati dal bambino (che spesso sono strali reali e per nulla metaforici) ma a comprendere la necessità professionale della decodifica dei segnali ricevuti per elaborare efficaci risposte di ritorno, per sentirsi educatori attivi e non impotenti anche di fronte ai reiterati no di un bambino che si chiude o attacca l’insegnante.

Molto spesso i rifiuti dei bambini vengono interpretati come capricci ma, come dice Nicolodi “I capricci dei bambini sono riservati solo alle persone importanti con le quali i rapporti sono significativi.“ E’ così che il bambino cerca aiuto rispetto ai suoi bisogni. Ed è così che la maestra, abbandonando la ricerca della causa scatenante, evitando di usare il rimprovero che spesso scatena nel bambino la perdita del controllo emotivo, comincia a tessere “la sua trama educativa” per assicurare al bambino accoglienza e supporto , comprensione e  vicinanza relazionale utilizzando i cosiddetti “motori energetici” dello star bene a scuola.

Quali motori?

A partire dalla convinzione secondo cui motore primo e fondamentale, fonte di benessere o di malessere, è sempre quello che fa riferimento al processo di attaccamento, il bambino chiede alla maestra, che all’interno della scuola si prende cura di lui, di esprimergli il proprio attaccamento, di dargli la conferma di una totale fiducia, di riconoscere la sua richiesta di aiuto e di essere portato al centro della relazione con lei nonostante la disfunzionalità del suo comportamento. Ed è proprio la stessa maestra che può fornire al bambino in difficoltà emotiva e spesso esplosiva l’energia necessaria per stare bene. Ella può restituire al bambino le parole e i pensieri rassicuranti che lui non sa formulare, può esprimere con il proprio corpo l’accettazione del corpo agitato del bambino, può mettere i suoi pensieri nella mente del bambino e di fronte a lui che le urla: “Non ti voglio “, da professionista dell’educazione la maestra risponde “Invece io sì”.

E lo scontro si traduce nell’incontro.

Attraverso i “contenitori educativi “che ha a disposizione (contenitori istituzionali, contenitori didattici e contenitori liberi) la maestra comunica al bambino il riconoscimento del suo problema e comincia a mettere a punto il percorso che permetterà al bambino di tornare ad affidarsi, di sentire il piacere di essere riconosciuto , di aprirsi alla persona che ha il potere di accettare lui insieme al suo problema .

La differenza tra l’istruire e l’educare sta, secondo questa prospettiva, tra il “dare una parte di sè“ (che significa istruire offrendo conoscenze  e “dare il tutto di sé”, corpo compreso; e l’ educare si traduce allora nella possibilità di operare accanto al bambino per permettergli di cominciare a elaborare e a costruire pensieri propri.

È davvero confortante la direzione educativa che emerge da questa impostazione che vuole porsi, accanto agli insegnanti, per offrire loro pensieri di riconciliazione.

Capita spesso infatti che a scuola, frustrati dall’inefficacia dei propri interventi (che pure attingono alle risorse della letteratura pedagogica), si finisca per perdere la motivazione ad agire o, nel caso più amaro, si finisca per attribuire al bambino la sintomatologia di una diversità che chiede di far ricorso ad approfondimenti specialistici e all’intervento degli esperti.

Proprio per questo le scuole della Sacra Famiglia, da alcuni anni, stanno perseguendo questa direzione formativa; pur consapevoli che lo scudo di Atena non è onnipotente e spesso non è sufficiente per affrontare alcune situazioni, il fatto di costruire una “cultura di scuola “ che mette a tema la relazione educativa con i più piccoli è sicuramente un modo per dotarsi , tutti insieme, degli stessi sguardi , di osservare il bambino secondo direzioni condivise, di sentirsi dentro una comunità-amica e competente cui è possibile affidarsi  per ricercare insieme, ragionando sulle proprie pratiche , soluzioni di indiscussa qualità pedagogica.

È commovente (nel senso che desta profonda emozione) sapere che tutta una scuola è disposta ad assumere la risonanza del richiamo di un bambino ed è commovente capire che un’intera comunità scolastica mette in moto momenti di continua formazione per continuare a cercare le risposte.

Quest’anno sarà sul gioco psicomotorio che le insegnanti approfondiranno le loro competenze professionali, secondo un modello che alternerà osservazione diretta dei bambini in gioco, formazione teorica e formazione personale (anche sul proprio corpo di docenti) per una visione educativa orientata ad aiutare il bambino del Nido e della Scuola dell’Infanzia a dirigere le proprie energie, ad acquisire consapevolezza di sé ed autoregolazione sul piano fisico ma anche su quello emotivo.

 

Bibliografia di riferimento

G.Nicolodi, 2008, Il disagio educativo al nido e alla scuola dell’infanzia, FrancoAngeli , Milano

G.Nicolodi, 2010, Il disagio educativo alla scuola primaria”, FrancoAngeli , Milano

G.Nicolodi, 2022, La risposta della scuola al disagio educativo, Erickson  , Trento

Client

prof. Luciana Ferraboschi, Dirigente scolastica

Date

29 Ottobre 2022

Tags

Educare

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