PRESENTAZIONE. Educare è bello e necessario, ma complesso e difficile! Per genitori, insegnanti e preti, per tutti. Se è così per ogni epoca, educare è ancora più complesso oggi.
«Alfabeto dell’educare oggi» vuole essere uno spazio per raccontare cosa è essenziale per educare figli oggi. Costruiamo l’«Alfabeto» a partire dallo stile educativo della nostra Fondatrice, facendo ‘interagire’ la sua esperienza educativa con la ricerca pedagogica di oggi: e tutto si è arricchito di significati ulteriori. Per S. Paola Elisabetta Cerioli, madre di famiglia, educare è infondere amorevolezza che include empatia, ma anche prossimità/vicinanza, nella forma della vigilanza (proprio come l’Angelo che è presente promuovendo autonomia e responsabilità, quindi assente). Inoltre educare è ancorare a un orizzonte di senso (religione) guidando all’obbedienza e al sacrificio. L’educare da parte dei genitori è dunque come adottare il figlio.
Ci accompagnano in questo progetto di costruire un alfabeto dell’educare oggi un gruppo di amici psicologi che abbiamo incontrato nella nostra esperienza educativa e scolastica: Alessandra Baldi, Maira Di Martino, Mario Ravasio e Roberta Sala che abbiamo incontrato sulla nostra strada ‘per diventare umani’. I loro contributi nascono da idee emerse in un confronto online tra loro. Li ringraziamo per questa amicizia e disponibilità.
Ci auguriamo che queste riflessioni che partono da una condivisione di équipe possano risvegliare nuova passione educativa e -ecco il nostro desiderio- la voglia di raccontare ciò che di bello o le domande che nascono nella vostra relazione educativa.
ACCOGLIENZA
Accogliere l’altro può essere considerato il presupposto di qualsiasi processo educativo. Un genitore, un insegnante o un educatore è in grado di svolgere un’azione educante solo se l’altro si sente accolto.
Riconoscere l’individualità. Accogliere implica provare interesse per l’umano, essere curiosi di conoscere l’altro, desiderare incontrarlo per costruire con lui una relazione. Ma l’accoglienza deve riconoscere e lasciare emergere l’individualità dell’altro; richiede di pensare all’altro come persona unica e non come appartenente in modo indifferenziato ad una categoria: gli alunni, i figli … Ciò significa spogliarsi delle generalizzazioni per “vedere” l’altro nella sua irripetibile specificità. Significa riconoscere il mondo dell’altro: le sue emozioni, i suoi interessi, le sue attitudini, il suo passato, i suoi progetti, le sue difficoltà, le sue preoccupazioni.
Lasciare spazio alla libertà. Accogliere vuol dire dare spazio all’altro, rispettare la sua libertà, non essere invadenti. Implica una negoziazione fra chi accoglie e chi viene accolto: il modo di accogliere non può essere imposto dall’accogliente, perché l’accolto ha il diritto di contribuire a definire “come” venire accolto. Proprio perché è unico, l’accoglienza deve essere calibrata sui suoi bisogni.
Spogliarsi di qualcosa. Per fare spazio all’altro può essere necessario rinunciare a qualcosa di sé: pregiudizi, aspettative preconcette nei confronti dell’altro, proiezione sull’altro di proprie attese. Ci si deve svuotare di qualcosa, farsi concavi per lasciare spazio alla convessità dell’altro. Anche l’ascolto è un modo di farsi concavi, di rinunciare alle proprie opinioni preliminari sull’altro, alle proprie convinzioni, per sintonizzarsi con i bisogni che l’altro esprime.
Fare i conti con il proprio potere. È innegabile che chi accoglie eserciti un potere su chi è accolto: quest’ultimo dipende in qualche misura dall’accogliente, può avvertire un debito di riconoscenza nei suoi confronti, può subire eccessivamente la sua influenza. Si deve essere consapevoli di questo potere e dei rischi che comporta, fra cui quello di condizionare e financo opprimere l’altro. In particolare le aspettative nei confronti dell’altro possono tarpare le ali (se aspettative al ribasso) o ingenerare ansia e frustrazione (se aspettative sovra-dimensionate).
La generatività dell’accogliere. L’accoglienza è una dimensione generativa e creativa, che arricchisce entrambi i protagonisti del processo educativo.
Nella relazione con l’accolto, chi accoglie fa esperienze nuove, scopre aspetti inediti di sé, riceve stimoli e provocazioni che lo aiutano a crescere e ad evolvere.
Chi viene accolto si vede riconosciuto come valore, come persona che vale ed è degna dell’attenzione altrui. Ha l’occasione di vedersi riflesso negli occhi e nel cuore dell’altro, cioè di vedersi secondo un’altra prospettiva, che gli fa scoprire potenzialità e possibilità che prima non considerava o delle quali non era neppure consapevole.
Soprattutto fare l’esperienza di essere accolto lo mette in grado di accogliere a sua volta, di diventare nella vita una persona accogliente, che restituisce ciò che ha ricevuto … e forse di più.